Terzo Paesaggio “La ferrovia dismessa di Chiaravalle per noi è una timida High Line”
Terzo Paesaggio è un’associazione che sviluppa pratiche di innovazione sociale scegliendo il paesaggio, prediligendo gli spazi indecisi, i luoghi dove il processo di trasformazione è ancora in corso. Come la ferrovia dismessa e l’Anguriera di Chiaravalle. Terzo Paesaggio fa parte della rete Non Riservato, il laboratorio permanente per la socialità creativa negli spazi pubblici di Milano.
Vi chiamate così per il libro Manifesto del Terzo Paesaggio di Gilles Clément. Come mai?
Il concetto di Terzo Paesaggio ha ispirato la nostra ricerca. Siamo partiti dal nuovo valore che il Manifesto del Terzo Paesaggio dà agli spazi indecisi, non sottomessi alle norme, inutili e improduttivi, come rifugio della biodiversità. Seguendo questa metafora biologica, in uno slittamento di senso, i bordi, le periferie, le aree di margine diventano per noi quegli spazi rifugio di una diversità creativa che non troverebbe spazio altrove.
Il libro definisce il concetto di Terzo Paesaggio, ovvero l’insieme di tutti quei luoghi abbandonati dall’uomo come gli spazi ai margini delle strade, le aiuole spartitraffico, ma anche spazi grandi come i parchi e le aree disabitate. Chiaravalle è così?
Chiaravalle è il nome che San Bernardo di Clairvaux diede al territorio quando fondò l’abbazia. Scegliendo questo toponimo, Bernardo decise di orientare e plasmare il destino di Chiaravalle, come luogo del cambiamento, da palude mefitica a valle di luce. Per noi oggi Chiaravalle è un laboratorio per ripensare l’dea di città contemporanea. Un borgo di mille abitanti senza una piazza, una ferrovia dismessa che portava al mare, un canale di acque grasse ora depurato, un’abbazia millenaria con una torre che si vede da lontano, un parco agricolo puntellato da cascine a vocazione sociale. Chiaravalle è davvero un posto strano.
Quali sono altri luoghi abbandonati dall’uomo a Milano dove vi piacerebbe intervenire?
Una volta abbiamo risalito il cavo Taverna che dalla Martesana giunge a Chiaravalle. E’ un percorso frammentato tra interstizi e luoghi abbandonati, che riaffiora nel retro di edifici, sotto un viadotto, in fondo a un giardino. Siamo rimasti molto colpiti da come il tracciato mantenga ancora una sua forza espressiva, nonostante l’intento urbanistico di progressiva cancellazione.
E quali posti invece sono troppo frequentati?
Ci interessa lavorare per gli spazi indecisi, i luoghi dove il processo di trasformazione è ancora in corso. Non pensiamo sia una questione di densità ma piuttosto di intensità. Tuttavia preferiamo pensare a un progetto per un’area interna, un villaggio abbandonato, che per una classica periferia urbana.
La copertina del libro è completamente bianca. Voi ci disegnereste qualcosa o la lascereste bianca?
La nostra copia del libro porta una dedica di Gilles Clément a cui abbiamo raccontato il progetto. Poi Marta ha collaborato con il suo studio a Parigi. Le pagine sono colme di appunti scritti a penna, ma sulla copertina non riusciremmo a scrivere nulla giacché soffriamo di una certa venerazione per le copertine bianche della Quodlibet.
Lavorate con artisti, curatori, performer e creativi. In quali progetti siete impegnati adesso?
Stiamo programmando un palinsesto culturale che coinvolge artisti e creativi a Chiaravalle, nella direzione che sempre più ci interessa, per far fare esperienza non abituale del luogo. Un elemento di esplorazione sarà il suono, con una rassegna interamente dedicata curata da Manuela Barone. Soundscape – incursioni acustiche di esplorazione nel paesaggio è un progetto che convoca i partecipanti a fare esperienza di ascolto. Casse, microfoni, voci, improvvisazioni e canti dei monaci in delay, attraversando soglie e labirinti per interagire con le peculiarità del luogo, grazie allo stimolo che Chiaravalle ha attivato in ciascun artista, nel proprio ambito di ricerca.
Save the date: 24 giugno / 13 e 14 luglio / 15 settembre / 13 ottobre.
Com’è Chiaravalle? E soprattutto, un’informazione per quelli come me, come si arriva con i mezzi pubblici?
Facciamo un esercizio: prendiamo matita e righello. Tracciamo una linea su una mappa, anche immaginaria, della città di Milano. Dal Duomo verso sud est. Fermiamoci quando la punta della matita tocca Chiaravalle. Cerchiamo questo punto. Abbiamo appena connesso i due centri di Milano, entrambi simboli della milanesità, con un tratto lungo appena 9 chilometri. Da una parte, il Duomo, all’interno della antica città fortificata, circondata dal sistema dei Navigli. Dall’altra, Chiaravalle e la sua abbazia del dodicesimo secolo, centro eccentrico della periferia milanese, antica cattedrale dell’agricoltura europea e cuore tecnologico dell’area circostante.
Raggiungibile con la pista ciclabile attraverso il parco della Vettabbia e dal bus 77 da Corvetto (E’ più facile tracciare una linea con il righello che arrivarci con un mezzo pubblico!).
Nel 2014 è nata L’anguriera di Chiaravalle per diventare la piazza, il luogo di ritrovo che Chiaravalle non ha. Funziona? Quando riaprirà in estate?
L’Anguriera di Chiaravalle è stato un bellissimo progetto che ci ha appassionato molto. Un’esperienza di tactical urbanism partita nel 2014 con l’auto-costruzione della piazza temporanea con abitanti e studenti, sotto la guida del capomastro Max, che è un bravissimo artigiano, un perfetto incrocio tra un pirata e un artista del legno. Nonostante il successo del luogo e la piazza così apparecchiata, capimmo presto, che l’Anguriera di Chiaravalle era un dispositivo di trasformazione nomade. La sua azione doveva quindi necessariamente toccare tutti quei punti di Chiaravalle in fase di trasformazione: la piazza, la ferrovia, il circolo, l’ex palestra… Per questo oggi l’Anguriera di Chiaravalle è un’altra cosa, un palinsesto che anima il territorio. Pagina fb Anguriera di Chiaravalle
Al posto delle rotaie dismesse della ferrovia c’era un Chiostro del Bramante. Ci raccontate questa storia?
La ferrovia dismessa di Chiaravalle ha festeggiato dieci anni di abbandono. Per noi è una timida High Line in potenza. Una cesura che diventa soglia per riconnettere il rapporto tra borgo e abbazia, una infrastruttura tripartita: collegamento ciclopedonale, corridoio ecologico, via dell’immaginazione.
Qui Cavour decise di far passare la linea ferroviaria per Genova, sui resti di quello che fu il grande chiostro bramantesco, aperto a C perché incompiuto, solcato al centro dal canale del mulino.
Non vediamo l’ora di ospitare l’artista Olivier Grossetête che con le sue opere effimere, invita i partecipanti a costruire città e architetture di cartone.
Sta per partire un nuovo progetto, il Giornale Ideale dedicato a Chiaravalle. Chi se ne occuperà e quanto tempo durerà questo progetto?
Quest’anno ospitiamo a Chiaravalle la terza edizione del Premio Imagonirmia di Elena Mantoni. Il vincitore di questa edizione è l’artista Franco Ariaudo che sarà a Chiaravalle a luglio prossimo per una in residenza artistica con il progetto Il Giornale Ideale. Il progetto artistico coinvolge in una redazione partecipata gli abitanti, temporanei e non, per realizzare un giornale ideale per Chiaravalle. Per noi, questo è un altro modo per spostare lo sguardo verso l’idea di futuro che stiamo costruendo, per la città, per Chiaravalle.
foto Andrea Perini
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