by Isabella
Mario è un assiduo frequentatore del Papagayo, il baretto di via Savona. Mario non è solo un’icona del Papagayo, ma con la sua barba che lo fa assomigliare a vari personaggi famosi, fra cui Karl Marx, è un’icona itinerante.
Onalim: Vorrei cominciare, parlando della tua barba. Da quanto tempo la porti?
Mario: La mia storicità è data da baffi e da basette lunghe all’altezza della mandibola.
Onalim: A che età hai cominciato a portarle?
Mario: A 19 – 20 anni in una mia prima immigrazione, in una mia ricerca fisionomica di incorniciare il volto. La barba è arrivata successivamente ma non molto dopo. Ed è arrivata in maniera sporadica, andava e tornava. C’era nei periodi quelli più leggeri. Nella quotidianità, no. Ma magari durante le vacanze, si.
Onalim: Magari anche un po’ per pigrizia?
Mario: Diciamo un po’ per pigrizia…
Onalim: Ma anche per un vezzo.
Mario: Si, anche per un vezzo.
Onalim: Io agli uomini invidio molto la barba, perché possono accarezzarsela mentre pensano. Tu te la accarezzi quando pensi?
Mario: Si, certo. Quando ero più giovane, e la barba era più nera, non solo la lasciavo crescere, ma la sagomavo e liberavo una parte di collo. Invece adesso …
Onalim: …è selvaggia!
Mario: Si lascio fare alla natura. Per mia fortuna è abbastanza regolare. La tolgo solo in questo periodo perché non mi piace essere chiamato Babbo Natale.
Onalim: Infatti adesso l’hai tagliata.
Mario: Si perché è un commento banale, ma le persone si avvalgono delle banalità. La ricerca di una cosa che non è banale è una ricerca, e comporta delle energie. Per essere banali non bisogna sforzarsi. Comunque io non somiglio a Babbo Natale.
Onalim: Per niente. Tu somigli a Karl Marx.
Mario: Intanto devo dire non l’ho fatto apposta, io non sono uno che cura l’estetica, ma l’evidenza è che l’avanzamento dell’età e la barba, hanno modificato la mia fisionomia. Però questa tua affermazione mi suscita un commento, e cioè che dalle varie somiglianze che mi trovano, io rilevo l’influenza culturale.
Onalim: Giusto!
Mario: In posti di mare mi chiamano Nettuno. In posti molto religiosi, come il mio paese d’origine, mi paragonano a San Giuseppe nel periodo di Natale, o a San Pietro nel periodo di Pasqua. Poi c’è chi mi trova somigliante a Marco Polo sulle Mille Lire. L’impatto ottico dipende dagli occhi di chi guarda.
Onalim: Quindi in base alla somiglianza che ti trovano, tu capisci subito chi hai di fronte.
Mario: Si. C’è un aneddoto: qualche anno fa ero andato all’università statale e in corridoio una ragazza dice a un’altra “Guarda che è già arrivato, ti interroga lui!! e l’altra “Lui, chi?” e la ragazza “Girati, guarda” e l’amica “Proprio oggi?”. Questa è una cosa che mi ha fatto piacere.
Onalim: Fra tutte queste somiglianze, quale preferisci?
Mario: Non è che ne preferisco una, ma stando a sinistra, diciamo che mi è più vicina la somiglianza a Marx che quella a San Giuseppe.
Onalim: E allora, Karl, ti volevo chiedere, ma perché il comunismo non ha funzionato?
(Mario mi sorride come Karl. Ora sono due gocce d’acqua.)
Mario: E’ un bel rilancio la tua domanda. Ma, ecco, il comunismo non ha funzionato, come non funzionano molte ideologie. Io potrei dire tranquillamente che il cristianesimo non ha funzionato. Il marxismo, visto che di Marx stiamo parlando, c’è chi l’ha applicato male creando un danno, come gli integralisti religiosi. Ma è difficile applicarlo perché è un’ideologia che va a scontrarsi con un’altra, e perché il soggetto è una parte di un collettivo. Si è soliti mettere avanti l’io e non il noi, e lì nasce lo scontro. Nella concezione classista e nella società capitalista si cerca di frammentare la classe, ecco perché Marx dice “Proletari di tutto il mondo unitevi!”
Mario: Prima, voglio raccontarti un altro aneddoto, che ritengo ci stia. Nel periodo della Moratti quando si parlava del maestro unico per ridurre gli oneri della scuola, a una manifestazione del primo maggio, c’erano dei giovanotti con il cartello “Maestro unico”. Io ero con un mio carissimo amico che ama le foto, ed esiste una foto di me che tengo questo cartello. Ma tu mi hai chiesto, come mi trovo a Milano? Non voglio banalizzare questa tua domanda, ma dopo anni e anni che mi trovo qui, non posso dire di essere deluso, ma diciamo che a Milano io resisto. Diciamo che se avessi conosciuto oltre alla storia dell’occupazione del lavoro che mi ha portato qua, anche la geografia nel senso di immigrazione, magari a Milano non ci sarei finito.
Onalim: Tu sei un assiduo frequentatore del Papagayo. Cosa ti piace del Papagayo?
Mario: Io mi trovo bene qui, ma diciamo anche che io non accetto tutto del Papagayo, ma qui ho ricavato delle cose, non per ricerca ma perché uno ricava perché vive e partecipa, e fa una parte. Non so se mi trovo bene perché è un locale di meridionali, io non ho cercato un bar meridionale.
Onalim: Si, Enzo è napoletano e Massimiliano era napoletano.
Mario: Si, ma le loro origini non sono il fattore prevalente, quanto il fatto di riuscire a scherzare e “cazzeggiare”, come si suol dire. Il napoletano non è la mia lingua, ma loro mi hanno permesso di scimmiottarlo. Abbiamo cominciato così, e questa cosa ha creato una sorta di comunicazione – legame. I legami sono sintonie personali.
Onalim: Da quanti anni frequenti il Papagayo?
Mario: Dall’apertura. Nel 2001 era già aperto, infatti dopo l’attacco alle Twin Towers, qui ci fu uno dei primi contrasti, perché io non ero allineato con la deduzione. Qui ho tanti ricordi di aperture, chiusure, ho memorie fotografiche, di contesti di feste, di divertimenti e anche di qualche abuso di bicchiere basso e di gomito alto. Tempo fa c’era una frequentatrice che ha sempre supposto che Enzo e Massimiliano fossero i miei due figli. E quando le ho chiesto “Ma come fanno a essere i miei due figli? Sono così diversi…” lei ha risposto “Perché un uomo non può avere due mogli?”. Poi c’è chi mi ha visto come gestore, come direttore, e questo era dovuto alla mia frequenza e alla confidenzialità con il posto e con Enzo e Massimiliano.
Onalim: Tu sei sempre stato fedele a questo locale o sei andato in altri locali di questa zona? Magari di nascosto…
Mario: Sono stato fedele. Andare in altri locali in questa zona è sempre stato il mio cavallo di battaglia, e ho spesso detto “Adesso vado là, e noi non ci vediamo più!” ma è stata sempre una presa in giro. Mi piaceva provocare e dire “Basta, io non ce la faccio più!”. Poi però non lo facevo, ma usavo frammentare la mia frequenza al Papagayo, facendo anche io i turni rispetto alla presenza.
Onalim: Come fanno marito e moglie che urlano “Io me ne vado, torno da mia madre!”
Mario: Si! Perchè ho avuto anche discussioni forti qui dentro, forse anche per la mia ironia. Io non sono solito avere il mio bar, eppure è successo due volte nella mia vita, una volta con il Papagayo e un’altra con un bar di Città Studi.
Onalim: Qual è il bar di Città Studi?
Mario: E’ quello in piazza Leonardo da Vinci, il Guinnes Pub, loro sono brianzoli leghisti ma a me piaceva perché era un bel campo di battaglia e io per scherzo facevo il terrone leghista. Ma tutti sapevano che non era vero.
Onalim: Grazie Mario!
Mario: Prego. Anche se non ho capito bene cosa stiamo facendo, è anche vero che io ho aderito totalmente, anche se inconsapevolmente a questa cosa. E mi fido.