Qualche giorno fa io e Daria siamo state a cena all’Arcibellezza e nella sala ristorante era allestita una mostra di fotografia sulle donne partigiane. Il fotografo è Paolo Bona, e noi gli abbiamo chiesto se aveva voglia di raccontarci quello che quelle donne avevano raccontato a lui, e lui ha detto subito sì.
.,.
Onalim: Queste donne fanno parte di un’associazione?
Paolo Bona: Alcune sì, fanno parte dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), o ne hanno fatto parte. Sono tutte molto anziane e non tutte continuano a frequentare l’associazione. Io mi sono rivolto all’Anpi per cercare di individuarle.
Onalim: Come mai hai scelto di fotografare le donne partigiane?
Paolo Bona: Perché non se ne parla mai. Sul resto si sa tanto. I miti sono tutti uomini, se di miti si può parlare, come Giovanni Pesce, marito di Nora Pesce che io ho fotografato.
Onalim: Queste donne sono tutte milanesi?
Paolo Bona: Non tutte, ma la maggior parte sì. Io ne ho fotografate e intervistate 20, e 10 di loro sono milanesi.
Onalim: Erano contente di essere raccontare la loro storia?
Paolo Bona: Sì, tutte molto contente.
Onalim: Nessuna ti ha detto di no?
Paolo Bona: Nessuna. Il loro atteggiamento era quello di una nonna che racconta al proprio nipote i suoi ricordi.
Onalim: Le donne di Milano hanno partecipato a degli scontri in città?
Paolo Bona: Sì. La più nota è Nora Pesce, moglie di Giovanni Pesce, fondatore dei Gap (Gruppi d’azione partigiana) che sono stati i gruppi di resistenza nelle città. Ha combattuto, è stata anche arrestata, è stata in un lager a Bolzano fino al 25 aprile del 1945. Nora non ha mai sparato, nessuna di queste donne ha mai sparato.
Onalim: Erano armate queste donne?
Paolo Bona: Più che armate, loro trasportavano armi come staffette, da un posto all’altro.
Onalim: Ti hanno raccontato qualche battaglia milanese?
Paolo Bona: Quando l’ho intervistata io, non stava bene, aveva la voce bassa, ma non volle rinunciare. Vi consiglio di leggere il suo libro “Pane bianco”, l’ha scritto poco prima di morire, l’anno scorso, in cui racconta molte storie. In città era tutto furtivo, anche loro non si conoscevano per questione di sicurezza. E avevano un nome di battaglia, il suo era Sandra e quello di suo marito Visone. Una volta Nora Pesce stava trasportando del tritolo e si è accorta di essere seguita da un tedesco, lei era molto carina da giovane, e questo ha cominciato a farle un po’ il filo. E lei gli ha dato corda.
Onalim: E certo, che doveva fare?
Paolo Bona: E lui le ha proposto di portarle il pacco, finchè non ha trovato una scusa per salutarlo, dandogli appuntamento per il cinema il giorno dopo.
.
Onalim: Immaginiamo non si sia presentata.
Paolo Bona: No.
Onalim: Lei chi è?
Paolo Bona: E’ una donna di Verbania. Era di famiglia antifascista, e faceva già la staffetta quando suo fratello rimase ucciso, e questo la sconvolse, perché era molto legata al fratello. E’ ancora viva.
Onalim: Del carcere cosa hanno raccontato?
Paolo Bona: Sono state molto restie a raccontare dell’esperienza in prigione. Ti dicono “calci e botte” ma non approfondiscono quel momento.
Onalim: Ci piace tantissimo lei.
Onalim: Una donna molto coraggiosa.
Paolo Bona: Sì super coraggiosa. Si è esposta in modo del tutto spontaneo, che è quello che io ricercavo. Il fatto che le donne l’hanno fatto in modo spontaneo, perché al contrario gli uomini erano in qualche modo obbligati a schierarsi.
Onalim: Questa è la cosa più importante di tutte.
Paolo Bona: Sì. E infatti è questo quello che volevo sottolineare, che le donne sono scese in campo per scelta. Lei vive a Milano.
Onalim: Possiamo andarla a trovare? Secondo te le fa piacere?
Paolo Bona: Si si, chiamatela. A lei sono un po’ più affezionato per la sua generosità.
Onalim: Tiene anche una croce in mano.
Onalim: E lei chi è?
Onalim: Tutte ti hanno fatto il caffè?
Paolo Bona: Sì sì tutte, mi chiedevano “Posso offrirti qualcosa?” e io “Volentieri” era un gesto d’intimità.
Onalim: Lei?
Onalim: Questa è la sua carta d’identità?
Paolo Bona: No, questo è il documento che testimoniava che lei era stata una staffetta partigiana, non tutte lo vollero questo documento. Sul documento c’era il loro nome e il nome di battaglia.
Onalim: E lei?
Onalim: In questo caso la femminilità era veramente un’arma, non in senso metaforico.
Paolo Bona: Si si, poi loro erano furbe ed erano abili. Una cosa che mi è stata detta è che i tedeschi erano più gentili degli italiani. Per loro era più facile imbambolare il tedesco.
.
Onalim: Chissà, forse subivano il fascino delle donne italiane.
.
…
Onalim: Su questa forza spontanea ci sono altre storie?
Paolo Bona: Un’altra donna mi raccontò che era sul treno e stava accompagnando una bambina piccola dai suoi familiari, in montagna, e sul treno fu adocchiata da dei partigiani giovani che si fidarono di lei. Siccome fuori dal treno c’era un posto di blocco dei fascisti, le consegnarono delle armi. Lei non era lì per quello, ma si capirono, e senza farselo dire due volte, le prese e le portò oltre il posto di blocco. Girato l’angolo l’abbracciarono per ringraziarla.
Onalim: C’era qualche momento di gioia per loro?
Paolo Bona: Sì certo, era gente che sapeva che stava facendo la storia. E ogni momento poteva essere l’ultimo se fossero state scoperte.
Onalim: Qualcuna ha ancora il marito?
Paolo Bona: Di queste 20, nessuna.
Onalim: Chi è lei? Ci piace tantissimo il bastone.
La resistenza era fatta di questo. Altrimenti non sarebbe potuta esistere.
.
(Gina Galeotti Bianchi, nome di battaglia Lia)
Onalim: Grazie Paolo (Con dei lacrimoni trattenuti).
Paolo Bona: E’ stato soddisfacente?