Paolo Vari
by Isabella e Viviana
Onalim: Da quanti anni fai il regista?
Paolo Vari: Da quando uno fa il regista? Da quando decide che vuol farlo, quindi da quando ho 16 anni.
Onalim: Tu sei un regista milanese molto attento alla città di Milano, alle sue problematiche e potenzialità, tanto che l’hai ritratta anche in un tuo film importante, “Fame chimica”, mostrando come nessun altro ha fatto, una Milano underground.
Paolo Vari: Mi piacciono queste lusinghe…
Onalim: Qual é la Milano che tu e Antonio Bocola avete voluto mostrare in “Fame chimica” e perché proprio quella faccia della città?
Paolo Vari: Noi eravamo alla ricerca di posti dove fossero più visibili certe contraddizioni. Nelle periferie i conflitti sono più evidenti e quindi più cinematografabili.
Onalim: E avete scelto non solo attori professionisti per raccontare meglio le contraddizioni.
Paolo Vari: Si, noi anni prima del film Fame chimica avevamo girato un documentario e allora avevamo visto centinaia di ragazzi delle varie periferie milanesi, non solo della Barona, dove poi è stato fintamente ambientato il film.
Onalim: Quali erano le contraddizioni che volevate raccontare?
Paolo Vari: Volevamo raccontare i ragazzi ventenni della panchina. Noi abbiamo conosciuto dei ragazzi che avevano appena finito di avere uno stile di vita veramente esagerato…che assumevano sostanze di ogni tipo…ma avevano introiettato il fatto che a un certo punto della vita ti sposi una ragazza del quartiere, metti su famiglia e cerchi il primo lavoro che trovi. Cioè quello che eri stato prima doveva finire e arriva l’età adulta.
Onalim: Cioè decidevano che era arrivato il momento di cambiare.
Paolo Vari: No. Vissuta così, non era una scelta, ma una sconfitta. Loro non scelgievano di mettere su famiglia, era così e basta, perché lo facevano tutti nel quartiere. Uno si immagina che chi spaccia e si droga da giovane, da adulto farà una vita conseguente, invece no. Poi volevamo raccontare anche i conflitti sociali con gli immigrati che arrivavano in quegli anni.
Onalim: Il cinema è anche spesso uno strumento di denuncia. Secondo te cosa di Milano dovrebbe essere denunciato attraverso il cinema?
Paolo Vari: Io diffido un po’ del cinema di denuncia. “Fame chimica” non era un film di denuncia. I conflitti esteriori devono coincidere con i conflitti interiori come in tutte le arti. Se tu non sei capace di raccontare cosa succede dentro l’animo umano, cioè qualcosa di universale, i conflitti esteriori di per sè significano poco. Il cinema oggi dovrebbe mettere in relazione dei conflitti interiori molto forti, con quello che succede nel mondo. Oggi la crisi economica mondiale ha un suo corrispettivo in crisi personali. Oggi c’è una scissione, e i dibattiti politici sono tutti sull’economia come se quello spiegasse tutto. Bisognerebbe ricominciare a guardare il mondo partendo dalle esperienze di vita delle persone.
Onalim: “Fame chimica” è un film che ti rappresenta?
Paolo Vari: Oggi racconterei meglio i conflitti esterni e quelli interni.
Onalim: Qual è il valore positivo di Milano?
Paolo Vari: Milano è una città che ha una grande difficoltà a darsi un’identità comunitaria. Ci sono le comunità del lavoro, o del tempo libero, insomma le comunità consumiste. Invece manca la comunità che ti scegli, e forse mancano anche un po’ i luoghi dove queste possano nascere. Questa è la caratteristica dei milanesi che li rende un po’ soli, un po’ atomizzati.
Onalim: Oggi che cosa ti piacerebbe raccontare di Milano?
Paolo Vari: La Milano patinata alla fine è anche la Milano più interessante, perché è la Milano più in crisi. Oggi raccontare quella crisi potrebbe essere interessante.
Onalim: Sarebbe bellissimo se tu raccontassi questo!
Paolo Vari: Tu lo vedi anche nella pubblicità, una volta erano tutti pimpanti…
Onalim: ..e adesso sono tutti depressi! Poi ci sono certi personaggi che sono rimasti fermi agli anni ’80, che sono visibilmente in difficoltà. Loro escono da casa lampadati e quando mettono un piede fuori, pensano sconvolti “Ma cosa è successo?”
Paolo Vari: Si pensano “Chi ha cambiato le scenografie?” Si, sono ridicoli.
Onalim: Visto che tu lavori molto anche fuori dall’Italia cos’ha Milano che la rende diversa da altre città italiane o straniere?
Paolo Vari: In positivo? Non so, per ora non amo la città. Amo alcuni milanesi. Milano negli anni 50 era speciale perché c’era una forte aggregazione per aiutare gli indigenti del quartiere. Il cibo e i vestiti venivano passati attraverso delle feritoie perché l’indigente non doveva essere umiliato. Oggi invece l’unione non è virtuosa, adesso la gente è migliore presa singolarmente che in gruppo.
Onalim: Qual è il problema del cinema italiano di oggi?
Paolo Vari: Si scrivono e si raccontano i cliché. Il regista italiano medio è borghese, vive una vita in un ambiente borghese.
Onalim: Però con i cliché si riempiono i cinema.
Paolo Vari: Non è sempre vero, ad esempio Garrone con Gomorra ha creato uno squarcio, perché la Napoli di Gomorra è vera. Se c’è un po’ di verità è meglio.
Onalim: “Reality” di Matteo Garrone è un bellissimo film italiano, simbolico. Ma secondo te perché ambientarlo proprio a Napoli? Il sud colorato, simpatico e un po’ ignorante, non è un clichè? Non era più simbolico girarlo a Milano?
Paolo Vari: Non l’ho ancora visto. L’Italia da cartolina ti fa vendere di più. In questo caso però penso che Garrone abbia una storia con Napoli molto solida, forse c’è una storia personale.
Onalim: Serve un film su Milano. Lo giri tu?
Paolo Vari: Girare a Milano oggi è troppo costoso, nessuno gira più a Milano, a meno che non puoi farne a meno.
Onalim: Potresti fare un film simbolico su Milano mettendo un milanese in crisi, da solo, su una barca in mezzo al mare…
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Rumore di tazzine del bar e Carlos Santana in sottofondo.
Onalim: GRAZIE PAOLO!
Paolo Vari: Grazie a voi.
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