Le panchine di Milano

by Isabella



La panchina è un luogo simbolico.
La panchina è un punto strategico di osservazione ed è anche archetipo di una condizione marginale. Infatti le panchine stanno fisicamente ai margini della strada, o del parco, o della piazza, cioè fuori dal palcoscenico che è la strada, e chi si siede sopra desidera momentaneamente uscire di scena. A Milano, che è città palcoscenico per eccellenza, essere ai margini può essere più difficile che nel resto d’Italia.

Infatti sulle panchine, ci si siedono solitamente i pensionati, gli emarginati, i disoccupati e i clochard. La giunta Moratti ad esempio aveva deciso di togliere un po’ di panchine proprio per non permettere ai senzatetto di dormirci sopra. Fortunatamente la giunta Pisapia ha fatto dietrofront e così anche se il problema resta, perché a Milano i clochard continuano a morire per ipotermia sulle panchine, almeno la città ha smesso di vergognarsene.

 Il cinema, la letteratura, il teatro si sono spesso serviti delle panchine per raccontare delle storie un po’ sospese, dove le panchine diventano delle isole, e ciò che vi succede sopra o intorno assume un valore universale. 

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Ale e Franz, sono due comici milanesi, che nei loro sketch si trovano a dividere con un po’ d’insofferenza la stessa panchina. I loro personaggi sono tipicamente milanesi e le loro conversazioni sono surreali.

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 Caos calmo, il romanzo di Veronesi, diventato anche un film interpretato da Nanni Moretti,non è ambientato a Milano, ma racconta benissimo a cosa può servire una panchina. 

Pietro, il protagonista, resta seduto sulla panchina sotto la finestra della scuola della figlia, e da lì supera il lutto della morte della moglie, e scopre il mondo, e anche se stesso, da un punto di vista diverso. Pietro è un uomo di successo, che da un giorno all’altro abbandona tutto, per restare a oltranza su quella panchina, dove gli amici e i colleghi vanno a trovarlo e gli riversano addosso tutte le loro frustrazioni quotidiane, per poi distrattamente stupirsi della sua calma. Caos Calmo sembra domandare se insomma l’uomo preferisca non fermarsi mai, per evitare di pensare. 

 

E a Milano, pochi giorni fa gli insegnanti degli istituti Besta, Natta, Molinari e Maxwell, hanno protestato per la dignità della scuola pubblica, correggendo i compiti seduti su delle panchine. Non penso che sia un caso, dal momento che le panchine sono anche l’immagine della precarietà.

Insomma le panchine non sono solo dei posti in città dove sedersi quando uno è un po’ stanco, o dove sbaciucchiarsi felicemente, ma sono una sorta di luogo astratto, smaterializzato. Infatti chi sta su una panchina spesso ha la sensazione di essere invisibile. E allora penso che chi vive in città dovrebbe avere la sua personalissima panchina dove smaterializzarsi per poi rimaterializzarsi.

Secondo l’ultimo censimento di Palazzo Marino, le panchine milanesi messe tutte in fila, misurerebbero 79.356 metri quadrati, abbastanza per fare sedere 150mila persone nello stesso momento. “Cari milanesi, se una volta giunti davanti alla vostra panchina, la troverete per meta’ occupata, non aspettate nervosamente che si liberi, ma condividetela come se fosse la cima di una montagna sacra che avete appena scalato, o il dorso di un satellite sperduto nello spazio. Per guardare le cose da lontano, prima di riscendere a valle.”

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Ecco un bellissimo libro che parla di panchine.

Panchine

di Beppe Sebaste

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