Milanese e autore dei libri Studio Illegale, La gente che sta bene, Peep Show e Woody, due dei quali sono anche diventati dei film. Quest’anno ho frequentato il corso di scrittura umoristica da Belleville La Scuola. Federico Baccomo Duchesne era uno degli insegnanti.
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Onalim: Da piccolo non volevi fare l’avvocato ma poi hai fatto. E tutto sommato è stata una fortuna avere sbagliato lavoro visto che così è nato il tuo primo libro. Non ti manca un punto di osservazione scomodo?
Federico: No, è stato un punto di osservazione importante, ma ogni tanto sembrava di guardare il mondo da una cannuccia, una prospettiva troppo ristretta. La cosa bella della scrittura è che costringe a mutare in continuazione il punto di vista.
Onalim: Quanto ti serve essere avvocato per vendere o difendere le tue idee?
Federico: Diciamo che l’avvocato vende o difende le idee di altri: il cliente, quello che paga. In questo è un esercizio di retorica invidiabile.
Onalim: Con studio illegale hai preso in giro il mondo vincente del lavoro milanese. Cos’altro ti piacerebbe prendere in giro dei milanesi?
Federico: In realtà, più passa il tempo più mi rendo conto che in quello che scrivo più che una presa in giro di Milano e dei milanesi, c’è una vera dichiarazione d’amore. Da tempo accarezzo l’idea di scrivere un romanzo su Milano, che abbia proprio la città anche nel titolo. La struttura c’è già, aspetto che Milano mi motivi ancora un po’.
Onalim: Qual è un posto che ti dà ispirazione a Milano?
Federico: Mi piace la vista che si ha dal ponte di via Farini, che guarda i binari che partono dalla Stazione Garibaldi, con i grattacieli sullo sfondo, magari quando viene sera. Non c’è natura, c’è solo città, nemmeno la parte più bella.
Onalim: Sul tuo blog (che ho in parte letto) scrivi che ti dicevano che eri musone e per benino. Pensi di essere cambiato da quando hai cambiato lavoro?
Federico: A dir la verità, sul blog cercavo di interpretare un personaggio. Quando cominciai a scriverlo avevo già lasciato il lavoro, mi piaceva fingere che il mio alter-ego non avesse maturato la mia stessa scelta, e tirasse avanti, senza grande consapevolezza. Così per un paio d’anni mi sono un po’ scisso.
Onalim: Nel tuo blog “studio illegale” ho letto questo che mi ha fatto ridere “Queste vacanze, mi sto divertendo molto. Passo il tempo raccontando in giro che, di lavoro, faccio l’attacchino. Quello che attacca i manifesti sui muri, sui cartelloni, nelle metropolitane. All’inizio, la gente fa un’espressione un po’ tirata, questo qui, l’attacchino?, ci prende per il culo. Io li guardo serio e sembra che sono sul punto di offendermi e ripeto umile: “l’attacchino”. Poi continuo: – “Che poi detto così – l’attacchino – fa ridere, lo so, ma è un lavoro divertentissimo. Ora lasciate stare che si lavora soprattutto di notte, e la colla che puzza, e lo spazzolone, ma si fanno delle esperienze entusiasmanti. Io poi ho attaccato cartelloni per Ramazzotti tour 2004, per Grease, mi sono fatto tutta la campagna elettorale dell’Italia dei Valori, ho seguito personalmente la candidatura della Moratti e una cifra di pubblicità progresso. L’ultima quella degli incidenti.” – “Quella bella con gli omini stesi tutti per terra?” – “Attaccata io.” Questa estate sto facendo un sacco di amicizie.” Qual è stata la pubblicità che non ti è piaciuto per niente attaccare?
Federico: Quella dell’attacchino è una cosa che a volte mi capita ancora di dire. Ai tempi mi annoiavo a spiegare che tipo di lavoro facesse un avvocato d’affari, e mi ero inventato questa sciocchezza. Poi ho scoperto che anche spiegare il lavoro della scrittura (che sia per i libri o per altro) può mettere in difficoltà, soprattutto quando ti chiedono i titoli dei tuoi libri e vedi tutta la loro delusione quando non li hanno mai sentiti nominare. Così ogni tanto ritiro fuori quella storia lì. Mi è capitato di incontrare una ragazza che non ricordavo di avere già conosciuto, mi ha detto: “Ma sì, tu sei l’attacchino”. Che pubblicità non mi piace attaccare? Quelle di Intimissimi, perché si radunano le persone ad aspettare che arrivi a metter su il sedere.
Onalim: Dicono che sei cinico.
Federico: No, non sono cinico. Mi piace utilizzare quel registro, un po’ distaccato, un po’ privo di soggezioni morali, in quello che scrivo e in quello che vivo, ma è un modo come un altro di arrivare alla fine di ogni giorno, come dice Homer Simpson, facendosi meno male possibile.
Onalim: Hai scritto Woody, dove il punto di vista è quello di un cane. Ti piacerebbe scrivere la sceneggiatura per un film di animazione?
Federico: Molto, mi sembra che possa garantire una smisurata libertà alla fantasia.
Onalim: Una comica donna con cui ti piacerebbe lavorare?
Federico: Al di là dei grandi nomi, mi viene in mente Tess Masazza, credo che potrebbe fare un ottimo lavoro al cinema.
Onalim: Un regista straniero per cui vorresti scrivere una sceneggiatura?
Federico: Rob Reiner.
Onalim: Il compito che ci hai dato sui dialoghi “Credo di non amarti più” in cui avremmo dovuto immaginare le risposte dell’adorabile perdente, lo stronzo, il nevrotico, l’imbecille, il tipo in gamba e l’eccentrico, l’ho fatto una domenica pomeriggio insieme a una mia amica che si era appena lasciata. E’ stato terapeutico, perché si è fatta un sacco di risate. Tanto che ho pensato di usare lo stesso schema per risolvere anche altre questioni. Tu l’hai fatto mai?
Federico: Sì, mi piace molto lavorare sui dialoghi, partendo spesso dai cliché. Da qualche anno sto cercando di portare avanti un romanzo costruito interamente su questo tipo di dinamica.
Onalim: In quali ambiti della vita ci vorrebbe più umorismo?
Federico: In quello sentimentale non guasterebbe.
Onalim: Hai detto che quando vai al cinema e il film non ti ha convinto dici al tuo accompagnatore “Aiutami a dire bah”. Quando invece un film ti è piaciuto, cosa dici?
Federico: Non dico niente, quello forse è il caso in cui comincio un po’ a star zitto.
Onalim: Grazie!
Federico: A te.