“Ufficio Spedizioni”, ci sentiamo un po’ così, andare in scena è come quando spedisci una cartolina, una lettera, un messaggio importante.
Sono una piccola compagnia teatrale. Si chiamano “Ufficio spedizioni” perché dicono che andare in scena è come quando spedisci una cartolina, una lettera, un messaggio importante. Ma anche perché, se volete, arrivano a casa vostra. Ecco la mia intervista a Rosamaria Castiglione Angelucci.
Da quanti anni reciti a Milano?
ROSA: Da 9 anni
Hai una compagnia teatrale?
ROSA: Sì, si chiama “Ufficio Spedizioni”, ci sentiamo un po’ così, andare in scena è come quando spedisci una cartolina, una lettera, un messaggio importante: c’è sempre tanta preparazione, emozione e poi speri che tutto quello su cui hai tanto lavorato giunga a destinazione senza intoppi.
Che spettacoli avete fatto a Milano?
ROSA: Come compagnia, Domino è il primo esperimento, ma ognuno di noi ha alle spalle una serie di lavori di drammaturghi importanti, molto diversi tra loro: Shakespeare, Dürrenmat, Wilder, Goldoni, Schnitzler, Manini, Berkoff, Baricco e Benni, insomma abbiamo toccato molte “corde” passando dalla tragedia al comico, dalla commedia alla trasgressione cattiva, quest’ultima certo non è propriamente un genere, ma con noi lo è diventato.
Lavorate sempre con lo stesso regista?
ROSA: No, con Domino ne abbiamo avuti due. Il lavoro che c’è dietro uno spettacolo è faticoso e di estrema fiducia, l’equilibrio è sottilissimo, complesso e deve scattare l’amore, con Massimo Brusadin è scattato. Eleonora ed io siamo molto diverse, lei è una donna concreta, forte; io più istintiva, esplodo; Fabrizio è razionale, pragmatico; Luca è il generoso della compagnia, un “sinistroide” vero. Metterci d’accordo è stato un lavoraccio e solo l’amore di Massimo poteva unirci e farci arrivare in scena con lo spirito che hai visto anche tu. Un regista è un po’ come un direttore d’orchestra, guida ogni personaggio verso una direzione comune. In Domino avevamo anche Marco, pianista dall’età di 7 anni, un’umiltà incredibile che gli ha permesso di entrare nel nostro lavoro con tutta l’anima – l’opera è di base statica, ma piena di azioni forti e il pianoforte è stato un secchio di colore sparato addosso nei momenti più clou.
In questi giorni portate in scena una versione di Carnage di Polanski.
Carnage ci ha ispirato, ma il lavoro lo abbiamo fatto su due famiglie di Milano, in particolare borghesi e per loro illusione “corrette”. Domino non ha un vincitore, alla fine crolliamo tutti. Carnage è molto diverso, non c’è una vera esasperazione, i personaggi hanno maggiore auto-controllo e discutono sulla lite tra due bambini maschi. I personaggi di Domino si umiliano, nessuno cede il posto, sono spietati e al centro della discussione c’è un episodio di violenza tra due ragazzine adolescenti. Nessuno dei genitori si sente responsabile, mentre lo sono tutti, tutti e quattro sono convinti di avere figlie-modello, ma la realtà è che non le conoscono affatto, sono vittime delle loro convinzioni, frustrati e del tutto fuori controllo.
Tu sei Jodie Foster. Quante volte hai visto il film?
ROSA: Ho visto il film più volte, perché lo adoro, ma come spiegavo prima il lavoro sul mio personaggio è molto diverso dall’originale. Gaia, il mio personaggio è bipolare, sopra le righe dall’inizio, è una donna folle, incoerente, non c’è possibilità di identificazione, nulla è definibile, dentro ogni azione c’è una reazione completamente inaspettata e che sorprende soprattutto lei.
E’ una sceneggiatura perfetta, qual è la parte che ti piace di più?
ROSA: Mi piace quella che non si vede affatto: il fascino che suscita Filippo in Gaia, se fossero soli, alla fine dell’opera finirebbero per baciarsi, ma questo non accade, è come se ci fosse un buio, un sentimento che non può liberarsi perché impensabile. C’è un preciso momento, quando lei chiede a lui quando vedersi, loro si guardano e tutto intorno si annulla – devono incontrarsi per discutere delle figlie, ma è come se lei gli stesse chiedendo un appuntamento, lui le parla e lei è completamente rapita. Quel momento dura 20 secondi, ma c’è tutta la potenza della vulnerabilità umana.
Quanto tempo avete provato questo spettacolo?
ROSA: Siamo andati in scena dopo circa un anno. La prima è stata meravigliosa, ma solo all’ultima replica ci siamo davvero trasformati. Provare e riprovare può sembrare ripetitivo e noioso, mentre ogni volta è una nuova volta, ad ogni prova un pezzo di personaggio entra dentro di te e ti rende più vero, più autentico, più sincero.
Dove siete andati in scena oltre allo Spazio Lambrate?
ROSA: In una casa privata a Moscova, un luogo bellissimo che ci ha permesso di godere di un vero soggiorno, di un vero e preziosissimo tavolino, tutto vero e tutto a nostra disposizione. Anche il pubblico era a due palmi da noi, un’esperienza straordinaria che ci ha fatto sentire “padroni di casa”. Lo spettacolo si presta ad essere portato in casa perciò replicheremo. Abbiamo già molti inviti e disponibilità, ci hanno perfino offerto un giardino sul lago di Garda, non male come inizio, no?
Se uno volesse offrire casa cosa deve fare?
ROSA: Deve solo renderla disponibile, noi abbiamo bisogno di effettuare un sopralluogo più che altro per capire come muoverci in scena, per il resto non serve molto, gli ospiti della casa sono ospiti scelti dal padrone di casa, non è necessario che la casa sia grande, siamo 4 attori e lo spazio di scena è piccolo. Basta invitarci dunque e noi accettiamo, anche casa tua Isa, andrebbe bene ;-)!
Quali sono i tuoi teatri preferiti a Milano?
ROSA: Il mio teatro preferito in assoluto è il Piccolo Teatro Studio Melato, per me è il luogo della perfezione, la migliore sintesi di tecnica e sentimento. Comunque ogni teatro ha una propria qualità, un proprio modo di sperimentare, il Tertulliano per esempio è una “valigia” piena di emozioni, in generale amo i teatri che osano, che scelgono spettacoli coraggiosi, discutibili e che lasciano il pubblico con mille domande.
Grazie!
ROSA: A te.
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