Onalim: Perché vuoi raccontare l’immigrazione degli eritrei a Milano negli anni 70 e 80?
Ariam: Perché si ha l’abitutidine di pensare all’immigrazione in Italia come un fenomeno nuovo o comunque recente rispetto ad altri Paesi europei. In parte è vero. Ma se ci sono comunità straniere , ad esempio come quella eritrea, da almeno mezzo secolo… Eppure se ne sa poco, quando ormai fanno parte integrante della società italiana.
Onalim: Perché vennero in Italia molti eritrei?
Ariam: La prima ondata migratoria dall’Eritrea fu causata dall’annessione forzata dell’Eritrea da parte dell’Etiopia nel 1961. Molti eritrei scelsero l’Italia per un legame storico e culturale. Durante il periodo coloniale italiano in Eritrea nelle scuole le lezioni si svolgevano in lingua italiana e veniva insegnata la storia italiana. Ancora oggi in Eritrea c’è qualcuno che parla italiano. Alcune parole del tigrigna (lingua eritrea) sono parole italiane ”riadattate” diciamo.. Quindi alcuni sapevano l’italiano oppure altri avevano lavorato per gli italiani. I miei genitori si sono conosciuti a Milano. Mio padre scappando dalle autorità etiopi, mia madre invece era arrivata in Italia tramite mia zia che viveva a Torino dove faceva la domestica.
Onalim: Come si sono conosciuti?
Ariam: A una riunione. Organizzavano molte riunioni politiche per sostenere la lotta per l’indipendenza. Si aggiornavano, facevano raccolte fondi, o raccoglievano medicine. Oppure chi si era specializzato in medicina tornava in Eritrea per aiutare.
Onalim: C’erano riunioni anche in altre città?
Ariam: Sì diverse riunioni in molte città. I congressi più grandi inizialmente si svolgevano a Monaco, poi si spostarono a Bologna. Non c’è eritreo che non conosca il Festival eritreo di Bologna Eritrea.
Onalim: Il tuo film si chiamerà “Appuntamento ai marinai.” Ma cosa succedeva ai marinai?
Ariam: Non succedeva niente di eccezionale! Ma una delle particolarità è che normalmente le compagnie a Milano sono di zona, invece in Piazza Marinai d’Italia venivano da ogni parte della città. Attraversavano la città per incontrarsi, stare insieme, e sceglievano di stare tra di loro perché avevano un mondo di cose in comune. Si creava una situazione dove tutti avevano lo stesso background, gli stessi problemi a casa o a scuola e per questo ci si capiva senza tanti discorsi o spiegazioni. Ho scelto il titolo “Appuntamento ai marinai” perché anche mia sorella si dava appuntamento lì. Un ricordo simpatico di quando ero piccola e la sentivo che diceva ”Ci vediamo ai marinai” e pensavo fosse un bar con i marinai dentro.
Onalim: Quante persone hai intervistato fino ad ora?
Ariam: Sei e me ne mancano quattro.
Onalim: Come hai scelto le persone?
Ariam: Ho cominciato con quelle che conoscevo. Ma poi ho intervistato anche amici di amici. Io voglio raccontare la storia di quelli che hanno fra i 35 e 40 anni. Molti sono andati via e vivono da molti anni a New York o a Londra dove non avevano bisogno di giustificare la loro origine. Una persona mi ha detto “Mi sono sempre sentita straniera in Italia. Non mi sono mai permessa di dire che ero italiana. Quando sono arrivata a New York ho per la prima volta detto di essere italiana, e adesso qui insegno italiano.” E me lo diceva sottolineando come in Italia sarebbe ancora, se non assurdo, straordinario.
Onalim: Quali erano gli altri posti dove si incontrava la comunità eritrea?
Ariam: Principalmente la zona di Porta Venezia e l’oratorio di via Kramer
Onalim: Come mai gli eritrei scelsero Porta Venezia?
Ariam: Per quello che so, fu un caso. Il ristoratore di Adulis in via Melzo mi ha raccontato che il primo ristorante eritreo di Porta Venezia fu aperto perché in casa non si riusciva a cucinare il injera, il pane tipico. Poco dopo ne sono nati tantissimi altri.
Onalim: Parlami dell’oratorio di via Kramer.
Ariam: Dietro viale Piave c’è via Kramer e lì c’era un oratorio con un frate cappuccino eritreo che collaborava con suor Cesarina. Suor Cesarina faceva molte cose per la comunità eritrea, per esempio aveva organizzato lezioni di italiano per le donne eritree. Oppure, spesso le domestiche dichiaravano di avere una casa per fare arrivare i loro bambini, ma i padroni di casa non erano stati informati e quando li vedevano arrivare non li volevano, e allora suor Cesarina le aiutava a trovare una sistemazione.
Onalim: Suor Cesarina ha fatto delle cose importanti.
Ariam: Assolutamente. Suor Cesarina è nel cuore di tutti i ragazzi eritrei che l’hanno incontrata. Me ne parlano tutti con molto affetto. Nonostante fosse un tipo tosto e severo. Uno dei ragazzi si ricorda che il mercoledì (se non sbaglio) li radunava interrompendo le attività etc per fargli fare la preghiera. E non avevano scampo!
Onalim: Era il prezzo da pagare!
Ariam: Si!
Onalim: Quanti anni ha ora?
Ariam: Non so, una novantina! Alcuni dei ragazzi si sono stupiti quando gli ho detto che l’avevo intervistata…dicendomi ”Ma era già anziana 20 anni fa!!”
Onalim: In via Kramer si incontravano anche per suonare.
Ariam: Sì, si può dire che l’oratorio di via Kramer è uno dei primi posti dove veniva suonato l’hip hop. Qui i ragazzi eritrei suonavano musica afro americana. Non vivevano nel ghetto americano ma vivevano una condizione di disagio si identificavano nei testi che parlavano di discriminazione. In pochi sanno che molti dj/artisti hip hop e underground, oggi conosciuti, sono passati da via Kramer.
Onalim: Ad esempio chi?
Ariam: Esa, Irene la Medica, Vaitea, Steve dub, The NextOne per fare alcuni nomi.
Onalim: E c’è ancora quest’oratorio?
Ariam: No, adesso al suo posto c’è un Museo dei frati cappuccini.
Onalim: Tu sei mai andata in Eritrea?
Ariam: Solo un paio di volte, da piccola. Invece i mio padre da quando è andato in pensione vive sei mesi all’anno a Milano e gli altri sei in Eritrea.
Onalim: Ci dovrai andare, in fondo questo documentario è una ricerca anche della tua storia.
Ariam: Si spero di andarci presto, ma non per il documentario. Con questo lavoro cerco di capire una tra le prime seconde generazioni in Italia, perché credo che per parlare oggi di integrazione e cittadinanza sia fondamentale conoscere le esperienze passate. Questa è la generazione di mia sorella, in fondo è lei che mi ha cresciuta qui a Milano. Ma poi è andata via, adesso vive a New York.
Onalim: Grazie Ariam.
Ariam: A te.